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5 piatti tipici in Piemonte

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Questo articolo è stato aggiornato il Aprile 17, 2014

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Preparatevi per un viaggio in Piemonte, alla scoperta di prodotti tipici e specialità della cucina. Per questa volta però non dovrete preparare le valigie ne prenotare l’albergo, l’unica cosa che vi servirà sarà una buona forchetta. La tavola è apparecchiata, accomodatevi.

Rubatà

Mentre aspettate la prima portata, so che non resisterete alla tentazione di quegli invitanti grissini in bella mostra davanti al piatto…vi porto allora a Chieri in provincia di Torino per conoscere i “Rubatà”. Questa strana parola in piemontese significa “cadere”; infatti i grissini prendono questo nome proprio dal gesto che fa il panettiere rivoltandoli e lasciandoli cadere “rubatè” sul tavolaccio di stiramento. Le origini di questi grissini sono antichissime e reali, si narra che nel 1679 il fornaio di corte li inventò perché il futuro re Vittorio Amedeo II non riusciva a digerire la mollica del pane. La loro fama varcò anche i confini nazionali, perché Napoleone Bonaparte li portò alla corte parigina, li chiamava “les petits batons de Turin”.

Panissa

Basta sgranocchiare, è arrivata la prima portata: la Panissa. Eccoci arrivati in Baraggia, un’area che si estende nelle pianure piemontesi delle province di Biella e Vercelli. Il regime climatico di questa zona influenza in modo determinante la coltivazione, riducendo la produttività delle risaie ma producendo una qualità di riso nettamente superiore.
Nel 2007 infatti l’Unione Europea, come riconoscimento dell’eccellenza del prodotto, ha assegnato al Riso di Baraggia la Denominazione di Origine Protetta.
La panissa è un piatto tipico vercellese e gli ingredienti testimoniano la sua umile origine, tutti prodotti che si potevano trovare nelle dispense dei contadini e che davano loro l’energia necessaria per lavorare nelle risaie: riso, fagioli di Saluggia, salame d’la duja (sotto grasso), cipolla. E’ un piatto dal sapore intenso, che racchiude in sé tutta l’essenza di un territorio che da povero ha saputo diventare un’eccellenza italiana.

Brasato al Barolo

Per il secondo lasciamo la pianura e ci spostiamo nelle colline di Cuneo, per gustare il Brasato al Barolo. Questo gran piatto più di tutti rappresenta la tradizione piemontese e la cultura dello Slow Food. Prodotti di qualità, niente fretta e cura dei particolari, sono queste le caratteristiche che lo rendono unico.
La cottura è molto lenta, per permettere alla carne di insaporirsi con gli aromi, fondamentali in questa preparazione e di ammorbidirsi fino a raggiungere la consistenza perfetta. Il vino così ricco e corposo è ovviamente protagonista del piatto ma lo fa con discrezione, senza prevaricare gli altri sapori. Il Barolo è ambasciatore del Piemonte nel mondo sin dai tempi dei Savoia, già nel 1966 ricevette la Denominazione di Origine Controllata, nel 1980 è diventato DOCG. Assolutamente da provare.

Baci di dama

Il dolce ci porta a Tortona, una piccola città in provincia di Alessandria, nacquero qui, più di un secolo fa, i Baci di dama. La tradizione afferma che questi biscotti sono chiamati così perché le due metà, unite da un velo di cioccolato, sembrano due labbra intente a baciarsi.
Meno romantica è la diatriba per la loro origine, ma finalmente nel 2010 i Baci di dama hanno ottenuto il riconoscimento di Prodotto Agroalimentare Tradizionale della regione Piemonte e quindi devono essere prodotti esclusivamente a Tortona o nelle zone limitrofe. Anche la lista degli ingredienti è rigidissima, solo mandorle, burro, zucchero, farina e cioccolato. Mangiare i Baci è semplicissimo, smettere un po’ meno, quel mix di mandorle, burro e cioccolato è una vera esplosione dolce, difficile non provarne un altro.

Ratafià di Andorno

Per finire la cena non può mancare un buon digestivo, che ci porta in un paesino delle Prealpi biellesi lungo la Valle Cervo.
E’ qui che viene prodotto il Ratafià di Andorno, un liquore ottenuto dallo sciroppo di ciliegie nere. Giovanni Rapa, nel 1880 riprese la ricetta del liquore prodotto nel Monastero di S.Maria della Sala (già nel 1600) e iniziò a produrre il ratafià. C’è una curiosa leggenda, che pur non avendo riscontri storici mi piace raccontare. Si dice che un liquore alle ciliegie nere nell’anno 1000 salvò il paese di Andorno dalla peste. Fu così possibile celebrare il matrimonio tra la figlia dell’inventore di questo miracoloso liquore e il figlio del suo più acerrimo nemico ristabilendo la pace tra le due famiglie.
Et sic res rata fiat”con questa frase si sancì l’unione degli sposi e il futuro nome del liquore. Storielle popolari a parte, il ratafià ha un sapore zuccherino di ciliegia e la bassa gradazione alcolica lo rende un digestivo gradito a tutti. La perfetta conclusione per la nostra cena.
Il viaggio è terminato e dopo queste 5 portate siete diventati piemontesi doc.

Post di Marina Lucca

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