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Questo articolo è stato aggiornato il Aprile 3, 2016
Lo scorso anno a Pasqua ho accompagnato a Londra un gruppo di persone che metteva piede per la prima volta nella capitale inglese: i miei genitori e due coppie di loro amici. Oltre a dover mostrare in tre giorni la città, avevo un altro obiettivo: convincere i miei compagni di viaggio che a Londra si può bere del buon caffè. Può sembrare una cosa da poco, ma quando nel gruppo c’è chi a ogni Starbucks, Costa Coffee o Caffè Nero vuole entrare per un frappuccino o un tall latte, allora è evidente che si tratta a tutti gli effetti di una mission impossible.
Probabilmente non ho convinto tutti, ma so per certo che una parte dei miei compagni di viaggio è tornata a casa con la convinzione che a Londra esistano dei posti in cui il caffè non è solo accettabile, ma addirittura buono.
Royal Organic, Craven Terrace
È un locale che passa inosservato: uno di quei posti che tra sei mesi potrebbero essere stati smantellati per fare spazio a un parrucchiere. Io ci sono capitata per caso, camminando verso la fermata della metropolitana di Lancaster Gate. Un mattino in hotel avevo ordinato del tè per colazione: non avevo preso il solito caffè che sono abituata a bere ogni mattina, per cui mi sembrava di non essere completamente sveglia. Ricordo di aver visto l’insegna con la scritta Illy attraversando Craven Hill: ho pensato a un miraggio provocato dall’astinenza da caffeina, ma non era così. L’insegna rossa e quadrata era quella del Royal Organic, un minuscolo locale infilato quasi per sbaglio tra un negozio di toelettatura per cani e una chiesa. Per entrare bisogna destreggiarsi tra le cassette di frutta e verdura esposte sul marciapiede e la cancellata che fa da riparo alle scale che portano nel basement. L’interno sembra quello di un negozio di alimentari, con gli scaffali sui quali sono esposti bottiglie, biscotti, cereali, pasta. C’è anche una piccola vetrina con i dolci: torte, cupcakes, croissant e pain au chocolat. Non ci sono posti a sedere ad eccezione del banco lungo la stretta vetrina, con quattro sgabelli sacrificati. Chi ha la fortuna di trovare un posticino, o la pazienza di aspettare, sarà premiato con un caffè scuro e corto, servito in una di quelle vecchie tazzine di ceramica marrone. L’unico lato negativo? Ogni volta che vado a Londra temo di passare davanti al Royal Organic e scoprire che non esiste più.
Monmouth Coffee, Borough Market
Una volta usciti dalla stazione della metropolitana di London Bridge si procede oltre Borough Market, fino ad arrivare a Park Street. Siamo a Southwark, zona famosa – oltre che per il mercato del cibo – per The Shard, il palazzo di vetro a forma di scheggia. La nostra destinazione è Monmouth Coffee, dove ho trascinato i miei compagni di viaggio, che invece volevano andare da Starbucks. Non è semplice trovare un posto libero da Monmouth. Le vetrate sono sempre aperte, indipendentemente dalla temperatura e dalla stagione, e c’è sempre la coda fuori: chi vuole ordinare un caffè da bere prima di arrivare in ufficio, chi spera di trovare posto a uno dei tavoli di legno grezzo all’interno. Noi non abbiamo fretta, per cui mentre aspettiamo che si liberi un tavolo osserviamo il locale intorno a noi: i mattoni a vista, l’arredamento essenziale, in stile post-industriale, le casse piene di caffè da macinare. Ordiniamo anche qualche pain au chocolat e del raisin bread insieme alle tazzine di espresso. La filosofia del Monmouth Coffee prevede che venga servito principalmente caffè monorigine di singola piantagione: quello del giorno proviene da chicchi coltivati nella Granja Esperanza in Colombia. Oltre a miei genitori, anche due dei quattro compagni di viaggio ammettono che la qualità è di gran lunga superiore rispetto a quella del caffè che avevano bevuto un paio di ore prima in un locale di una catena internazionale.
Books for Cooks, Blenheim Crescent
“La miglior tazza di caffè a Notting Hill”: è così che spesso viene descritta questa libreria di Blenheim Crescent, a pochi passi da Portobello Road. È chiaro da subito che Books for Cooks non è il solito bookshop né il solito cafè: oltre l’ingresso si cela un mondo fatto di scaffali alti fino al soffitto colmi di libri, di tavoloni che quasi sembrano cedere sotto il peso dei volumi, di divani di pelle dall’aria vissuta. Quello che attira maggiormente l’attenzione è la cucina in fondo al negozio, proprio dove ci si aspetterebbe di trovare il bancone con la cassa. Invece no: la minuscola libreria che il sabato mattina si riempie di gente che ha deciso di fare una pausa dal caos di Portobello Market, ospita un angolo con pochi tavolini e cucina a vista. Qui un paio di cuochi preparano i piatti ispirandosi alle ricette dei libri in vendita nel negozio. Il menu cambia quotidianamente: così se al mattino si può gustare una tazza di caffè americano insieme alla torta al cioccolato, al pomeriggio lo stesso caffè potrà essere accompagnato da una fetta di focaccia alle olive. Sarebbe riduttivo definire questo posto solo un bar o solo una libreria specializzata: Books for Cooks è entrambe le cose, grazie ai proprietari che hanno saputo coniugare in maniera brillante i due aspetti. Per rendersene conto basta spostarsi in una via più nota, come Oxford Street o Piccadilly, per trovare librerie megastore pluripiano dove si beve caffè e si mangiano scones industriali agli sgabelli di un bar di qualche catena internazionale. Books for Cooks è invece un luogo accogliente dove la cultura incontra il piacere. Ultimo dettaglio: si trova proprio di fronte a The Notting Hill Bookshop, la libreria che ha ispirato il film Notting Hill.
Paul Rhodes, King William Walk, Greenwich
Serve almeno mezza giornata per assaporare questa tazza di caffè, ma la destinazione merita una gita fuori porta. Dalla stazione di Bank si prende la DLR, la Docklands Light Railway, fino alla fermata di Cutty Sark, a Greenwich. Noi ci siamo andati la domenica di Pasqua: c’era il sole e la temperatura era mite, per cui abbiamo passeggiato con calma fino al molo di Greenwhich, oltre la nave museo Cutty Sark. Da qui abbiamo percorso il mezzo miglio che attraverso il Greenwich Park porta al Royal Observatory, dove passa il meridiano zero. La vista è spettacolare, con la City e il Tamigi proprio di fronte. Di ritorno verso la stazione, dopo una sosta al Greenwich Market, abbiamo iniziato a sentire la necessità del secondo caffè della mattinata. In questi casi mia madre, una vera e propria coffee addicted, inizia a sentire i sintomi dell’astinenza, diventando un segugio da caffeina. Così, mentre i nostri compagni di viaggio avevano deciso di visitare la nave museo, noi ci siamo ritrovati da Paul Rhodes, una piccola panetteria che serve anche bevande calde. Il locale, lungo e stretto, è occupato per la maggior parte dal bancone dove sono esposti i prodotti: dal pane fatto con lievito madre, alla famosa chocolate tart, agli scones, ai panini e alle quiche da asporto. I posti a sedere sono pochi: appena un paio di tavolini e qualche sgabello al banco lungo la vetrina. Abbiamo dovuto aspettare un po’, ma i caffè e gli hot cross buns, i panini dolci serviti nel periodo di Pasqua, erano ottimi.
Carpo, Piccadilly
Da Carpo si può arrivare a occhi chiusi: basta seguire l’aroma del caffè che si fa già sentire a mezzo miglio di distanza. Lo abbiamo scoperto per caso, dopo una passeggiata che da Buckingham Palace ci aveva portati attraverso Green Park e, da qui, sulla Piccadilly. Stavamo aspettando che arrivasse l’ora della nostra prenotazione per cena in un ristorante nella vicina Swallow Street e, grazie al naso di mia madre, siamo finiti davanti a Carpo, scoprendo un locale dove sono esposti grossi sacchi pieni di chicchi di caffè provenienti dalla Colombia, dall’Etiopia e dalla Nuova Guinea. È anche il paradiso per gli amanti del cioccolato, del tè, della frutta secca e del miele. Non ci sono posti a sedere ma un lungo bancone dove è possibile ordinare il caffè da bere in piedi, come in Italia. Nonostante fosse quasi ora di cena non siamo stati in grado di resistere alla tentazione e abbiamo ordinato un espresso ciascuno. Da qualche parte ho letto che secondo Agatha Christie il caffè in Inghilterra ha sempre il sapore di un esperimento chimico: di sicuro non era mai stata da Carpo, dove il caffè è migliore di quello servito in tanti bar in Italia.
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