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Questo articolo è stato aggiornato il Gennaio 12, 2020
Chi non si è mai sentito dire, in occasione di un viaggio a Londra, che in Inghilterra si mangia male? Non molto tempo fa ho provato a spiegare a una persona che, come in tutti i posti, basta sapere dove andare, e lei mi ha risposto che “mangiare alle dieci di sera è un’impresa difficile”.
Su questo punto posso essere d’accordo ma, d’altra parte, se in un paese c’è l’abitudine di cenare presto, non vedo perché non dovremmo rispettare questa usanza. Come si dice? When in Rome do as the Romans do. Quindi When in London eat where the Londoners eat.
Ristoranti a Londra: 5 imperdibili
Nei posti dove mangiano i londinesi ci sono capitata spesso nel corso degli anni: ne ho scelti cinque, quelli in cui sono stata in occasione dei miei ultimi viaggi.
1. The Mayfair Chippy
L’ho scoperto per caso, dopo un pomeriggio di shopping trascorso con le amiche a camminare su e giù per Oxford Street. Il Mayfair Chippy si trova in una delle tante stradine della centralissima zona Mayfair e, nonostante il quartiere sia molto posh, il locale è molto semplice e accogliente. Il rigore del pavimento a scacchi e delle piastrelle bianche alle pareti è interrotto dai tavolini di maiolica: coloratissimi, uno diverso dall’altro. La specialità del Mayfair Chippy è il fish &chips, anche da asporto.
Non ci sono molti coperti perché il locale è piccolo, per cui è importante prenotare, soprattutto durante il fine settimana. Ci viene assegnato un tavolo accanto al bancone, lungo la parete decorata di fotografie in bianco e nero. Ordiniamo della birra e, come antipasto, l’insalata di granchio con finocchio e ravanelli. Come portata principale scegliamo le quattro varianti del loro famoso fish & chips: merluzzo, eglefino, scampi e platessa. Con noi c’è una persona che non mangia pesce, e che sceglie un ottimo shepherd’s pie, il pasticcio di agnello.
Per finire condividiamo due dolci: apple crumble e cheescake al limone.
Metropolitana: Marble Arch (Central Line)
2. St. John Bread & Wine
Non lontano dall’Old Spitalfields Market, nell’East End londinese, si trova il St. John Bread & Wine: è il “fratello minore” del più noto St. John di Clerkenwell, dove lo chef Fergus Henderson coniò la filosofia del nose to tail eating. La sua visione innovativa ebbe il merito di rivoluzionare il modo di approcciarsi alla cucina, e il libro omonimo pubblicato nel 1999 divenne oggetto del desiderio dei cuochi e degli amanti del cibo. La teoria di Henderson sovvertiva la gastronomia dell’epoca, sostenendo che non si dovesse buttare via niente. Tutto ciò che un animale offre va mangiato, incluse le orecchie, le interiora, la coda. Altrimenti sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti dell’animale.
L’interno è minimal, con i pavimenti e le pareti bianche. Non c’è nulla di superfluo: l’arredamento è ridotto allo stretto necessario. La cucina è a vista, con gli chef intenti a preparare i piatti del menù suddiviso non in base al tipo di portata, ma a seconda delle ore della giornata. Il filo conduttore è la tradizione: i piatti vengono preparati e serviti in maniera semplice, senza sprecare nulla. Ordiniamo insalata di zucca con yogurt e zuppa di carciofi, poi vitello arrosto e potted hare, carne di lepre macinata, cotta nel suo sangue con l’aggiunta di vino rosso e conservata nel bacon. Per i gruppi di almeno dieci persone è possibile ordinare il suckling pig, il maialino arrosto, ma è necessario prenotare in anticipo.
Non potendo scegliere il maialino, ci consoliamo con il dolce: dal più classico apple crumble allo steamed date sponge, una sorta di pan di spagna ai datteri.
Metropolitana: Liverpool Street (Circle Line; Metropolitan Line; Hammersmith & City Line)
3. The Windsor Castle
Quella del Windsor Castle è stata un’altra scoperta casuale, dovuta alla pioggia e ai lavori in corso lungo i binari della metropolitana. Dopo aver passato ore a Notting Hill, la mia amica ed io siamo costrette a interrompere i nostri vagabondaggi per via di un temporale. Torniamo verso la metropolitana, ma non ci sono treni. Decidiamo di camminare fino a Kensington High Street, sperando di riuscire a tornare a casa con un’altra linea.
A metà strada veniamo però distratte da un edificio che sembra uscito dal passato: a due piani, con la facciata intonacata di bianco e un glicine che dalla porta sale alla finestra del piano superiore. Anche all’interno il tempo si è fermato, e il pavimento di legno scricchiola in maniera preoccupante sotto i nostri piedi. Il soffitto è basso sopra le nostre teste; l’illuminazione è scarsa, e l’ambiente è reso più buio anche per via del legno consumato che riveste ogni superficie. Il ragazzo dietro al bancone non alza gli occhi dai bicchieri che sta asciugando, per cui prendiamo posto in una saletta attigua all’ingresso, accanto a un camino acceso.
Nessuno viene a chiederci se abbiamo scelto cosa vogliamo mangiare, per cui facciamo come se fossimo in un villaggio sperduto delle Cotswolds: andiamo al bancone, chiediamo due pinte e ordiniamo direttamente dal menù scritto su una lavagna: salmone marinato nel gin e tagliere di formaggi come antipasto; guancia di vitello con purè di patate e verdure; pasticcio di pollo e prosciutto con carote.
Dopo un assaggio di cheesecake ai mirtilli siamo pronte per andarcene: non prima di aver dato un’occhiata al beer garden. Peccato per la pioggia: non sarebbe stato male cenare in giardino.
Metropolitana: Notting Hill Gate (Central Line; Circle Line; District Line)
4. Petersham Nurseries
È la destinazione ideale per una gita fuori porta se si è a Londra per qualche giorno. Bisogna spostarsi a sud del Tamigi, tra i sobborghi londinesi di Richmond e Twickenham. La particolarità di Petersham Nurseries è il fatto che il ristorante si trova all’interno di un vivaio, al confine con Richmond Park. Inaugurato nel 1970 come garden centre per la vendita di fiori e piante, nel 2004 venne completamente rinnovato. Da allora, oltre ad acquistare erbe aromatiche, articoli di artigianato o di arredamento da giardino, i clienti possono anche pranzare nella teahouse allestita sotto le volte della vecchia serra di vetro. L’impegno e la dedizione della brigata di cucina, sotto la direzione della chef Skye Gingell, ha permesso di ottenere un risultato importante nel 2011 con la stella Michelin. Da un paio di anni il comando è stato assunto da un’altra donna, Lucy Boyd, che cura il menù ispirandosi a ciò che è di stagione e agli ortaggi coltivati nel vivaio. Ottima la zuppa di eglefino affumicato e finocchio servita con pane tostato, oppure la quiche alle verdure e formaggio o, ancora, il pasticcio di pollo e porri.
Alla fine del pasto ci si può fermare ancora un po’, bevendo un tè caldo o una limonata fresca, a seconda della stagione, godendosi l’atmosfera country chic della serra con i suoi tavoli d legno traballanti, le sedie arrugginite una diversa dall’altra, i vasi con le piante aromatiche sistemati sul tavolo, le decorazioni che sembrano arrivare da un mercatino delle pulci. Dopodiché si è pronti per affrontare la piacevole passeggiata di mezz’ora lungo la strada che costeggia il fiume e che porta fino alla fermata della metropolitana e, da qui, nella frenesia della City.
Metropolitana: Richmond (District Line; London Overground)
5. The White Horse
L’ultima destinazione è il White Horse, l’ultimo posto dove mangio solitamente prima di lasciare Londra. In questo modo sono certa di avere ogni volta un ottimo ricordo della mia ultima cena in città. Si trova a Parson’s Green, un po’ fuori dalla zona più centrale, ma vale la pena del viaggio in metropolitana.
Il pub si affaccia su un piccolo parco, dove in estate vengono spesso organizzati dei barbecue: se il tempo è mite, si mangia fuori, o magari ci si ferma anche solo per una birra. Conosco questo posto da tempo, ma nonostante ciò non riesco a fare a meno di rimanere incantata ogni volta che varco la soglia dell’edificio ad angolo. Il bancone di legno, sulla sinistra, è sempre affollatissimo, come il resto del pub. Difficile trovare posto a uno dei tavoli utilizzati di solito per un drink prima di cena, o per una birra prima di rientrare a casa. Ci facciamo strada tra le poltrone e i divani di pelle consunta, diretti a uno dei tavoli liberi in fondo al locale.
Ordiniamo le nostre pinte al banco: la lista tra cui scegliere è veramente estesa. Ordiniamo praticamente tutto il menù: un tagliere di formaggi con Cheddar, erborinato della Cornovaglia e caprino, serviti con marmellata di cipolle rosse. Poi zuppa di piselli e crescione, paté di fegato di pollo servito su pane tostato, prosciutto Black Combe con asparagi alla griglia, spalla di agnello brasata con purè di aglio e carote, hamburger con Cheddar e trota arrosto con patate e finocchio. Ci stanno ancora i dolci: carrot cake, profiteroles al caramello e chocolate brownie con gelato alla vaniglia.
Dopo una cena così, siamo pronti per lasciare Londra.
Metropolitana: Parson’s Green (District Line).
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