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Questo articolo è stato aggiornato il Dicembre 22, 2015
Immancabile durante un viaggio a Venezia, per immergersi davvero nell’atmosfera della città, è una (o anche più) soste nei famosi bacari. Per questo motivo inizio col darvi alcune indicazioni “linguistiche” per districarvi tra i vocaboli tecnici legati all’arte dell’ “andar per ombre”.
I cosiddetti bàcari sono le tipiche osterie in cui si va con gli amici per bere e mangiare in compagnia. La parola ha un origine incerta, ma la leggenda vuole che sia stata pronunciata la prima volta da un gondoliere che assaggiando un nuovo vino esclamò “Bon, bon! questo xe proprio un vin de bàcaro”. L’espressione veneziana “far bàcara” significa far baldoria e bere in buona compagnia, perciò un “vin de bàcaro” sarà sicuramente un vino adatto a questo scopo. Altri fanno derivare il vocabolo dal nome di un vino prodotto da un’uva dagli acini minuti, “baca” in latino = coccola, bacca o altrimenti da Bacco, il dio del vino.
Le ombre o ombrète sono i bicchieri di vino, solitamente sfuso e servito in bicchieri piccoli, che si bevono dai bàcari. A quanto pare l’utilizzo di questa parola deriva dall’usanza dei mescitori di vino di piazza San Marco (una sorta di antenati itineranti dei bàcari) che, in passato, per mantenere al fresco la preziosa bevanda, dovendo ripararla dal sole inseguivano l’ombra del Campanile con le loro bancarelle.
Un’alternativa più moderna all’ombra di vino è lo spritz, anche questo ormai entrato a far parte della tradizione. Credo che quasi tutti sappiate quale sia il suo sapore e di cosa sia composto (prosecco, aperol o campari e selz), molti però non sapranno la sua storia. Questo drink nasce nell’800, al tempo dell’occupazione austriaca della Serenissima, sono infatti i soldati dell’Impero Asburgico che, abituati ai vini leggeri d’oltralpe, chiedevano “spruzzare” un po’ di acqua ai loro bicchieri: è proprio da quest’azione, “spritzen” in tedesco austriaco che nasce il nome. Originariamente infatti lo spritz era solo composto di vino bianco e acqua, ancora oggi in alcuni posti viene consumato così, “liscio” o “bianco”, diversamente a Venezia, come altrove, vengono aggiunti Aperol o Campari, ma anche Select o Cynar.
Infine, a completare questa panoramica, sono i cicheti, degli stuzzichini che solitamente accompagnano la bevanda che si consuma dal bàcaro. La parola deriva dal latino “ciccus” che significa piccolissima porzione, non ci sono ricette fisse, si può trovare dalla fetta di pane con baccalà mantecato alle polpette di carne, passando per olive, mozzarelle in carrozza, polipetti o il classico museto (la fettina di cotechino con polenta abbrustolita) e ancora chi più ne ha più ne metta.
Per concludere vi segnalo il più semplice, spartano ed economico bacaro che ho finora testato a Venezia: il Bacareto da Lele. Un’istituzione soprattutto tra gli studenti universitari, si trova a due passi da piazzale Roma, in Campo dei Tolentini, qui potete bere un ombra di vino con meno di 1€ e un mini-spritz con qualche decina di centesimi in più. Unico difetto, di posto all’interno proprio non ce n’è!
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