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Il quartiere a luci rosse a Venezia: Le Carampane

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Un quartiere a luci rosse a Venezia? La storia ci dice di sì. Allora andiamo a riscoprirlo, tra il Ponte delle Tette e il quartiere delle Carampane.

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Questo articolo è stato aggiornato il Settembre 1, 2014

Non tutti sanno che al tempo della Serenissima, a Venezia, c’erano dei veri e propri quartieri a lui rosse. Le cortigiane, infatti, avevano i loro alloggi “alle Carampane” e “al Castelletto” e dovevano rientrarci dopo la terza campana della sera, pena una decina di frustate.

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Vi parlo proprio della zona delle Carampane, dove la toponomastica non lascia certo dubbi sulle sue frequentatrici, di fatto il termine “carampane” si rifà alla famiglia Rampani, la cui casa (Ca’ Rampani), divenne, dopo la morte dell’ultimo discendente e per volere della Serenissima, il luogo in cui le prostitute in età avanzata si ritiravano dall’attività. Il termine “carampane” indica una donna non più giovane e nemmeno troppo bella, una meretrice ormai in pensione ed è proprio un termine di origine veneziana.

Andando qualche secolo addietro nella storia della Serenissima, si scopre che è proprio un decreto del Consiglio dei Dieci a stabilire il luogo in cui le cortigiane dovessero stare. Venezia non era solamente una città famosa per le sue abilità di commercio, ma bensì anche per essere molto libertina, in un censimento del 1509 infatti si contavano ben 11.000 donne che facevano quel mestiere.

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Ma cosa c’è da vedere in questa parte di Venezia, così poco conosciuta? In realtà non c’è un monumento particolare o una calle dalla storia misteriosa, è tutto l’insieme che merita di essere visto proprio per quello che era: il simbolo dell’avanguardia veneziana, in un certo senso.

A dire il vero qualcosa di curioso da vedere c’è, con storia annessa, sto parlando del Ponte del Tette, nome simpatico e particolare si penserebbe a prima vista, ma a Venezia ogni calle, ogni campiello e ogni ponte porta un certo nome per un motivo ben preciso, basti pensare a Calle del Frutarol (calle del fruttivendolo), oppure Campiello del Remer (fabbricante di remi). A questo punto è abbastanza facile dedurre il perché questo ponte fu chiamato “delle Tette”, anche se alla banale motivazione che si potrebbe arrivare a dare per logica, se ne affianca una seconda riportata dalla storia.

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Nel cinquecento, la Serenissima registra un pericoloso (per l’epoca) aumento dell’omosessualità, potenziale danno d’immagine per una città che vantava un enorme potere a livello commerciale, e per “limitare i danni” permette alle meretrici di affacciarsi a seni scoperti dalle finestre delle loro case, per invogliare gli uomini a salire. Sembrerebbe che le meretrici stesse avessero chiesto un intervento del governo, a causa del calo di lavoro.

Il Ponte delle Tette, quindi, deve il suo nome a questo episodio, la finestra che si affaccia direttamente sul ponte, e si colloca esattamente sopra il Sotoportego e Corte de Ca’ Bollani, da cui le cortigiane adescavano i passanti con fare ammiccante e le grazie in bella vista.

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Non aspettatevi un ponte maestoso, questa parte di Venezia è modesta e spesso ci si capita per caso e senza saperne la storia, ma merita un salto, meglio se venendo da calle dell’Agnello, per potersi immaginare la scena di una Venezia libertina, per certi versi più all’avanguardia del mondo moderno.

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Informazioni sull'autore
Veneziana doc, ama la sua città, anche se appena può parte anche per un paio di giorni in giro per il mondo. Ha vissuto in Australia per sei mesi, ora sta completando gli studi in turismo e ha scoperto la passione per il mondo del web, aprendo il blog sui suoi viaggi. Appassionata di social media e del buon cibo.
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