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Questo articolo è stato aggiornato il Maggio 8, 2015
Uzbekistan, uno dei viaggi più belli della mia vita. Un paese fuori dai luoghi comuni, di quelli che ti fanno assaporare la tua libertà fisica e mentale. Paesaggi deserti di steppa, azzurro e sabbia brillanti, eleganza delle maioliche nelle cupole del Registan che si scontra con l’architettura russa che regna sovrana nelle strade, nei viali immensi, nei parchi. Che rende tutto piatto ma solo apparentemente. Questa è stata la sensazione più forte avuta in Asia centrale, tutto sembrava piatto, lineare, grigio.
La vita non ti si butta addosso prepotente come succede in India, non ti violenta con i suoi colori nè con gli odori, le persone sono discrete e miti ma sono curiosissime e vogliono sapere tutto di te.
Anzi, sarò più precisa: per tre donne sole come eravamo noi, le domande di rito sono state:
“Di dove siete?” “Sposate?” “Avete figli?” ” Vi fanno viaggiare sole?”
E così, dopo questo teatrino a cui ormai eravamo affezionate, le persone sono diventate il fiore all’occhiello di questo viaggio fatto di incontri e contatti veri; parlate con loro, entrate dal parrucchiere, fatevi tagliare i capelli (io l’ho fatto) oppure fatevi le sopracciglia uzbeke – sì, perché in questo paese solo le donne sposate, ad eccezione delle turiste, possono depilarsi le sopracciglia! Ed è così, che in un attimo, si sparge la voce che tre straniere sono in negozio e tutte le donne del quartiere accorrono e senza sapere come, passi tre ore fra le più belle della tua vita, a ciagolare dal parrucchiere in un misto di italiano-russo-inglese-tajiko e gesti assurdi, ridendo tantissimo.
Ma ora veniamo a noi. Il nostro giro non si è discostato molto dai classici itinerari turistici, anche perché le città più importanti sono le stesse.
Siamo arrivati a Tashkent con un volo della Turkish Airlines, con un comodo scalo a Istanbul e lì c’era ad accoglierci il nostro driver dell’agenzia Advantour, come vi avevo accennato nel post Uzbekistan, itinerario fai da te; puntuale, educato, parlava un buon inglese. Ci ha consegnato i biglietti del treno e la fattura. Noi lo abbiamo pagato in contanti. Confermo quindi che tutto è stato rispettato e l’agenzia è stata assolutamente efficiente: da prendere in considerazione per un viaggio in Asia centrale.
A proposito dei soldi, non ho visto molti bancomat, però non abbiamo avuto alcun problema a cambiare sia i dollari che gli euro negli hotel o presso i cambi ufficiali. Molti vi proporranno cambi meno ufficiali, soprattutto nei mercati. A voi la scelta.
A Samarcanda abbiamo dormito per due notti all’ Ideal Hotel (150 euro la tripla con colazione per due notti) in una camera duplex con un bagno solo, pulita, caldissima con frigorifero e condizionatore, wi fi gratuito, colazione a buffet abbondante, sia dolce che salata, uova, riso, carne, frutta, pane, yogurt e miele. Bevande calde a scelta.
Se appena arrivati vi interessa comprare una sim per il vostro telefono, sappiate che come turisti non potete farlo, ma il personale dell’hotel si offre di farlo per voi con un piccolo sovrapprezzo. Parliamo comunque di pochi dollari e poi potrete facilmente ricaricare il cellulare in tutto il paese. Ci sono molti negozietti in cui lo fanno.
Se non amate camminare, cercate un hotel più vicino al Registan, in cui si concentrano tutte le madrasse e il bazar: la zona turistica per eccellenza. Dall’Ideal vi fate una bella passeggiata di 30 minuti circa.
Noi la mattina partivamo a piedi e la sera usavamo il taxi. Ovviamente dovete contrattare; se riuscite a imparare qualche parola di russo prima di partire questo vi aiuterà. L’inglese non è assolutamente diffuso salvo fra qualche impiegato degli hotel o presso le agenzie locali e qualche taxista non riusciva a portarci a destinazione nemmeno con la mappa davanti.
Due giorni a Samarcanda sono sufficienti, il complesso del Rajastan si visita tranquillamente in un giorno. Trovate le biglietterie all’ingresso di ogni sito e il costo per la macchina fotografica è sempre a parte.
Il Registan è il cuore della città, considerato il centro commerciale della Samarcanda medievale; consiglio vivamente la Moschea di Bibi Khanym, considerata una delle più grandi moschee del mondo islamico e dello Shahi-Zinda, il monumento più suggestivo di Samarcanda.
Se il giorno dopo volete fare con calma, potete fare un giro al mercato agricolo di Siab, dove vendono prevalentemente cibo, pane, tantissimo pane, buonissimo, decorato. Questo lo vedrete ovunque e lo mangerete a ogni pasto. E poi moltissimi dolci, frutta secca e carne. Rispetto al sud-est asiatico, qui i mercati sono pulitissimi e ordinati.
Da Samarcanda abbiamo preso un treno che in tre ore ci ha portate verso la nostra seconda tappa: Bukhara. Molti consigliano di fermarsi almeno 3 giorni perché considerata una delle città più belle e io mi associo a questa dritta. Se devo essere obiettiva e avete pochi giorni, tipo una settimana per fare il tour con i voli interni, in due giorni vedrete sicuramente il centro storico. Tre giorni sono più rilassanti e avrete più tempo per immergervi nella cultura locale.
In Uzbekistan le stazioni sono militarizzate, sicure, pulite: senza biglietto non potete entrare. Tutto è perfettamente funzionante ed efficiente. Noi avevamo preso i biglietti di seconda classe e, appena salite, un impiegato delle ferrovie ha tentato di farsi pagare un extra in dollari portandoci in prima classe e continuando a dirci l’unica parola che sapeva in inglese “lusso, lusso” indicandoci con insistenza la cabina di prima classe. Siate decisi e rifiutate con gentilezza. Non perdetevi l’esperienza della informalità locale in seconda classe e l’emozione di essere, per tre ore, le star della carrozza! Anche in questa occasione, tutti volevano sapere di dove fossimo e abbiamo elargito grandi sorrisi ma altrettanti ne abbiamo ricevuti. Sembrava una festa! Addirittura una signora ci ha portato la figlia perché voleva assolutamente presentarcela.
I sedili sono comodi e spaziosi e a bordo treno c’è un bar. L’impiegato delle ferrovie passa a distribuire gratis succo di frutta e dolcetti a tutti i passeggeri.
Una volta arrivate, c’era ad accoglierci il driver inviato dall’hotel prenotato dall’Italia e posso affermare con assoluta certezza che quello di Bukhara è stato l’hotel più bello di questo viaggio.
Boutique Hotel Minzifa (187 euro la tripla con colazione per tre notti) Il bello del Minzifa è che quando arrivi vedi semplicemente un portone, di quelli che quando apri rimani con la bocca aperta e puoi dire solo “Wow che meraviglia!“. Si trova nella città vecchia, a soli 15 minuti dai monumenti più importanti. Noi ci siamo mosse sempre a piedi, di giorno e di notte, con estrema tranquillità e ci tengo a sottolineare che non abbiamo mai avvertito senso di pericolo. Questo vale per tutto il viaggio.
L’interno dell’hotel si apre su un cortile su cui si affacciano le stanze. E’ stato completamente decorato con motivi tradizionali rendendo tutto molto elegante, sia il cortile sia le camere variopinte e pulitissime. In cortile ci sono due tavoli con le panche in cui potrete sedervi e rilassarvi bevendo qualcosa. Il personale alla reception (aperta 24 su 24) è gentilissimo, disponibile e parla un ottimo inglese. La colazione viene servita all’ora in cui desiderate (sono flessibili): cetrioli, pomodori e formaggi, spremuta, bevanda calda a scelta e ogni mattina una delizia calda diversa: pancake, riso o frittelle di mele. Tutto buonissimo. Non c’è il buffet ma il personale è pronto a offrirvi il bis di qualsiasi cosa vogliate. La mattina troverete il vostro tavolo già pronto.
Durante i tre giorni trascorsi a Bukhara abbiamo visitato la piazza del Registan: il mausoleo di Ismail Samani e Mazar Chashma Ayub il luogo sacro della sorgente curativa, Poi-Kalyan con il bellissimo minareto e il complesso Lyabi- Khauz. Tutto vi lascerà a bocca aperta per la bellezza sfacciata e le cupole azzurre delle moschee che si confondono con il blu del cielo: stare con il naso all’insù sarà inevitabile.
Ci siamo anche concesse l’hammam, prenotato direttamente dal personale dell’hotel: il Bozori Kord Hammam, uno dei più vecchi dell’Asia centrale. Vale la pena andarci solo per la magnificenza della struttura al suo interno. Due simpatiche signore (con cui abbiamo comunicato solo a gesti) dopo avervi lavato, sfregato e massaggiato con uno scrub allo zenzero, vi offriranno sia il the caldo sia l’asciugamano e potrete sostare quanto volete per rilassarvi, magari dopo aver passato una giornata fra monumenti e bazar! Costo a persona: 25 dollari per avere una pelle di seta!
Ultima cosa degna di nota del Minzifa Hotel è che al loro interno hanno una valida agenzia viaggi.
Chiedete direttamente alla reception e sapranno organizzarvi ogni spostamento all’interno del paese. Noi a questo punto del viaggio avevamo gli ultimi 3 giorni liberi, per cui non avevamo pianificato nulla se non il volo interno di rientro a Tashkent direttamente da Bukhara.
In realtà, se la vostra intenzione è quella di fare un giro classico, non consiglio di fare questa scelta poiché se volete visitare Khiva, sarebbe meglio prenotare il volo di rientro nella capitale da Urgench, risparmiandovi i km (seppur entusiasmanti paesaggisticamente) che ci siamo fatte noi.
Decidiamo dunque di partire alla volta dello Yurta Camp e poi visitare Khiva. Costo 140 dollari a testa per 1000 km di viaggio in auto a/r da Bukhara con autista e il pernottamento in yurta con tre pasti. Hotel a Khiva non incluso; abbiamo trovato noi un alberghetto senza infamia né gloria, perfetto per la pozione, a pochi metri dalle mura della città vecchia, pulito, con wifi e colazione inclusa, personale gentile. Old Khiva Hotel (tripla con colazione 60 dollari).
Khiva viene spesso visitata in giornata. Per entrarci è necessario comprare il biglietto appena arrivate alla città vecchia: noi lo abbiamo fatto per due giorni e sono inclusi quasi tutti i monumenti a accezione di qualche moschea.
Se riuscite, fermatevi una notte e fate come noi: aspettate che la maggior parte dei turisti se ne vada e che le mille bancarelle e negozietti siano chiusi. Solo allora potrete rendervi conto di camminare davvero in un museo a cielo aperto: la Ichan Khala, la città interna, dichiarata Patrimonio dell’Unesco. Fra le città della Via della Seta, Khiva è quella che ha il centro storico più intatto ma è anche la più turistica.
Perdetevi passeggiando tra il minareto Kalta Minor (un tripudio di piastrelle turchesi), la fortezza di Kunya Ark (residenza dei sovrani della città con le stalle, l’arsenale, l’hammam e la moschea), la Madrasa di Amin Khan e, da non perdere, la superlativa moschea Juma con le sue 218 colonne di legno (detta anche Moschea del Venerdì). Tutto mi è sembrato surreale, in un’atmosfera da Mille e una notte.
Una note a parte la merita lo Yurta Camp, noi abbiamo scelto quello di Ayaz-Kala, nella regione occidentale del Karakalpakistan.
Il cielo stellato di Ayaz Kale me lo sogno ancora la notte.
Il nostro viaggio è giunto quasi al termine, dopo i 3 giorni di escursione, ritorniamo a Bukhara con il nostro driver, il fidatissimo Ismael, facendo la stessa strada e salutando il deserto con molta malinconia. Un volo dell’Uzbekistan Airlines ci riporta a Tashkent in cui trascorriamo solo qualche ora prima di prendere il volo internazionale che ci riporta a Torino.
L’Uzbekistan me lo sento ancora addosso, ma inizio a pensare al mio prossimo viaggio per non ammalarmi troppo di malinconia.
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