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Questo articolo è stato aggiornato il Febbraio 11, 2015
Il Senegal è la prima terra dell’Africa nera che si incontra guardando la mappa del continente africano da nord a sud e concentrandosi a ovest. E’ una terra ricca, come tutta l’Africa peraltro, una terra da scoprire per davvero, andando oltre quel poco e superficiale che si percepisce dal nostro paese. E’ una terra di emigranti, certo, ma i numeri dei migranti rapportati alla popolazione dello stato sono davvero bassi, meglio focalizzarci sul fatto che sia la terra della teranga: ospitalità in lingua wolof. Meglio invertire la rotta, come suggerisce la loro vivace cultura, e andare a scoprire questo variegato paese.
Dell’accoglienza sentitamente manifestata, fatta di sorrisi, canti popolari, strette di mano, parole di benvenuto, gesti spontanei di condivisione, inviti al più tradizionale rito del tè, musiche ritmate dagli djembé, ospitalità nelle loro case, saluti a viso aperto ai curiosi toubab, ci si accorge fin da subito. Il territorio, poi, ti rapisce per la ricchezza e la varietà che si staglia davanti agli occhi del viaggiatore che non si limita alla spiaggia fronte bungalow, nei più lussuosi resort sulla costa.
Atterrati a Dakar, l’impatto non è dirompente: siamo in città, in una zona a forte presenza internazionale e ancora lontana dal cuore vero del Senegal. Il mio suggerimento è quello di lasciare la capitale quanto prima, per tornarci come ultima tappa fatta di un giro veloce in un centro che si è sviluppato in stile moderno senza averne le basi culturali e sociali per farlo.
Da Dakar a Saint Louis la tratta è lunga, i paesaggi cambiano di continuo e sarebbe bello percorrerli bendati così da poterli vivere in un crescendo di elementi nel viaggio di ritorno: dal confine con la Mauritania – a nord – al delta del Saloum – nel sud ovest – dove solo le acque del fiume ci separano dal Gambia; oppure dal confine nord del Paese all’entroterra più spinto fino alla Casamance.
Questi sono i due percorsi che trovo racchiudano tutto quanto tra avventura, turismo, viaggio, emozioni.
Nell’estremo nord, il Senegal offre paesaggi desertici: siamo in pieno Sahel, quello dei nomadi del deserto, degli spazi infiniti come infiniti sono i colori della sabbia e le sue dune, tra le quali sostare per una notte nelle tende beduine. Il tramonto nel deserto e il risveglio nel nulla danno sensazioni di avvicinamento all’infinito, non solo degli spazi ma del sè. Cosa davvero incredibile: il deserto, che pare essere un’unica entità omogenea e immensa, è suddiviso in più piccoli deserti individuabili dai nomi che sono stati loro assegnati dalle popolazioni locali, il che è davvero sorprendente dato lo spazio sconfinato e apparentemente indifferenziato.
Lasciato il deserto alle spalle e volto lo sguardo all’Oceano Atlantico si arriva a Saint Louis, prima capitale africana fondata dai francesi, nominata patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO per il suo carattere coloniale ancora intatto, per la sua posizione isolana unica alle foci del fiume Senegal e per la sua lunga storia.
Qui vicino sorge il terzo parco ornitologico al mondo per varietà di specie presenti: il parco di Djoudj che è assolutamente imperdibile, così come vale la pena addentrarsi nelle altre riserve che si susseguono fino al centro dell’Africa occidentale, al confine con il Mali e ancora più giù, dove la natura diventa più selvaggia che mai fino alla Casamance, ancora meta esclusiva di veri viaggiatori. Questo è uno dei modi di conoscere il Senegal: un percorso attraverso flora e fauna, lasciandosi coinvolgere e rapire dagli spazi sconfinati e dalla vegetazione sempre più fitta, conoscendo la gente e vivendo nel modo più distante possibile a quello occidentale.
Un secondo percorso possibile è quello in parallelo con la costa: alla volta del centro sud del paese la natura cambia di continuo, i tramonti mozzafiato sull’oceano lasciano spazio alla terra sempre meno sabbiosa e sempre più compatta, dall’assenza di vegetazione agli imponenti baobab in qualche ora di auto, dai toni di blu del cielo e delle acque salate si passa ai grigi e rosa degli stagni e del lago Retba fino ai gialli, agli ocra e agli arancio vivi tendenti al rosso del suolo africano.
Camminare scalzi sarebbe il mio personalissimo suggerimento. Questo vi porterebbe davvero a una fusione con il continente nero e annullerebbe ogni distanza mentale e sociale.
Attraversare le strade di sabbia a piedi nudi ed entrare nelle piccole boutique di strada, acquistare il necessario da sé, contrattando come si usa fare qui, caricare la tanica dell’acqua sul calesse e farsi portare a destinazione è integrazione totale. Appare forse il modo più basso per approcciare il Senegal, invece trovo che sia quello più elevato e arricchente: tornerete più pieni.
Cosa visitare? Le moschee, le cittadine particolarissime di Joal e Fadiouth che hanno conchiglie come fondamenta, il delta del grande fiume Saloum habitat di pellicani e fenicotteri, i piccoli villaggi in cui la vita sembra essersi fermata in un tempo passato, i grandi villaggi di pescatori pronti a offrirti del pesce come ricompensa per un aiuto dato nel traino delle reti a riva, fermarsi sulle lunghe spiagge sabbiose e bere del succo di baobab o di bissap.
La cultura si mischia al viaggio per turismo che, a mio avviso, non può prescindere dall’essere eco-solidale e responsabile, nel totale rispetto di luoghi e culture, con spirito di adattamento e apertura.
A chiusura di entrambi i percorsi si ritorna alla caotica Dakar, città dai forti contrasti, dal tutto del centro e al nulla delle periferie sconfinate.
Prima del volo di ritorno va fatta ancora una visita all’Isola di Gorée, in memoria degli schiavi africani che fino a un paio di secoli fa venivano deportati in massa nelle Americhe. Gorée è testimonianza di quanto è stato, è storia e dolore in concomitanza con le luci e i colori di un pittoresco e colorato paesaggio dai tratti europei, è ricordare chi è stato.
Al rientro in Italia, avrete conosciuto un vero pezzo di Africa e ne sentirete la mancanza da lì a sempre. Garantito.
Foto di jose pereira, iolanda, prese da Flickr e delle mie compagne di viaggio Simona TinaBond V. e Irene.
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