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Questo articolo è stato aggiornato il Dicembre 15, 2020
A Caravaggio, la città della sua adolescenza gli stava stretta: un piccolo santuario mariano, vasti campi di melone e artigianali allevamenti di bachi da seta non potevano certo placare il suo temperamento furioso.
Eppure, quella piccola e insignificante cittadina ebbe il proprio nome celebrato in tutto il mondo, con un’esaltazione non certo direttamente geografica, ma indirettamente artistica.
La distanza fra la Lombardia e Roma era pari a centinaia di miglia. Bisognava scavallare gli Appennini, dormire su sudici pagliericci in cadenti locande lungo la strada, rifocillarsi con imbevibili brodaglie, imboccare la Via Cassia e scendere verso Roma come un umile pellegrino diretto alla tomba di Pietro.
La Roma del 1592 era ancora ben lontana dai fasti che raggiungerà in epoca barocca. Il sacco dei Lanzichenecchi del 1527 aveva lacerato Roma dall’interno, facendole perdere l’alone di invincibilità ottenuto con i capolavori artistici di Michelangelo e Raffaello. Adesso, però, Roma stava rinascendo, trasformandosi in farfalla dalla crisalide in cui era stata trasformata: Papa Sisto V aveva aperto i cordoni della borsa, deciso a trasformare la Città Santa nel più glorioso palcoscenico del mondo conosciuto, calpestato solo da coloro che fossero stati in grado di elevarsi dalla massa.
È sotto la statua di Pasquino, una delle celebri “statue parlanti” di Roma, che conosciamo “il nostro” Caravaggio. Vincenzo, Guida Turistica e Presidente dell’Associazione Culturale Rome Guides, racconterà la vita e le opere del grande artista lombardo Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio dal nome del piccolo paesino citato sopra, nel quale trascorse la sua infanzia. Lo accompagna la preziosa Martina, anche lei Guida Turistica, che cura tutta la parte “amministrativa” dell’itinerario, dal mostrare i tesserini di abilitazione alle forze dell’ordine al coordinarsi con i partecipanti per gli ingressi contingentati nelle chiese.
È un Caravaggio assai burbero, quello interpretato da Vincenzo: non parla allo spettatore e, quando lo fa, è violento e irrispettoso, dalla lingua tagliente e dall’insulto facile. Lo era anche il Merisi, d’altronde, che più volte per una parola di troppo finì in galera: ce lo racconta lo stesso Vincenzo, quando nel secondo atto indossa per la prima volta gli anacronistici occhiali su un bel costume dell’epoca.
Gli occhiali saranno, a tutti gli effetti, la discriminante di questo tour. Solo quando sono inforcati sul suo naso, Vincenzo svolge la sua professione da Guida, con parlata educata e forbita, rivolgendosi ai partecipanti del tour e rispondendo alle loro eventuali domande. Senza di essi, il palco è proprietà esclusiva di Caravaggio, in luoghi simbolici per la vita del grande artista durante la sua permanenza a Roma, come Piazza Navona, Palazzo Madama, la Chiesa di San Luigi dei Francesi, Via della Pallacorda, Piazza Firenze o la Chiesa di Sant’Agostino.
Gli spettatori lo vedono aggirarsi, fremente di rabbia e passione, per l’affollata Piazza Navona, seguendone le tappe della propria esperienza romana. Eccezion fatta per le chiese, dove si ammirano quattro capolavori del grande artista, la visita è all’aperto, fra quella stessa folla di persone che Caravaggio studiava ogni giorno nei giorni di mercato per assorbirne odori, movenze ed espressioni, riproponendola poi nelle sue opere.
Le opere di Caravaggio sono parte integrante del tour, anche quelle che non sono accessibili: Vincenzo/Caravaggio porta con sé, sotto forma di tele da mostrare ai partecipanti, i dipinti conservati nei Musei di Roma e di tutta Europa, per completare la spiegazione della poetica artistica romana del Pittore Maledetto. Le racconta come farebbe una Guida, grazie all’ausilio dei preziosi occhiali, o come farebbe l’Autore stesso, infarcendole di parole scurrili e bestialità, ma facendocele vivere con l’occhio di chi impugna il pennello creativo.
Quella che Caravaggio propone non è una passeggiata fra solenni edifici, nobili attitudini e gorgoglianti fontane. È una discesa all’inferno, nel burrone del fallimento, in una rovinosa caduta senza freni. Le Madonne diventano prostitute e le prostitute diventano Madonne, in un circolo vizioso che mostra Roma come un gigantesco lupanare con migliaia di operaie del letto. Ci sono gelosie professionali, cadute di stile, vendette artistiche con Annibale Carracci e Giovanni Baglione, canzonette sconce, versi satirici indegni dell’Alighieri, con un Caravaggio sempre più stanco ed un Vincenzo sempre più sudato.
Questo lungo viaggio, nell’inferno della Roma di inizio Seicento, si conclude laddove tutto terminò davvero, nel bel mezzo di una partita di pallacorda, con le “chitarrine” trasformate in spade, il sangue a scorrere sul selciato ed una fuga rocambolesca per salvarsi la vita.
La nostra storia, durata due ore e mezzo, termina qui. Caravaggio svanisce, come uno spettro nella foschia, e subentra Vincenzo per il finale, per una simbolica orazione funebre, con in mano la tela di David con la testa di Golia. Manca solo l’atto finale, la foto di gruppo, tutti con in mano una tela: un libro umano, da sfogliare e da vivere, per raccontare in un singolo scatto la parentesi romano di un pittore che cambiò per sempre il mondo dell’arte.
Un nuovo Michelangelo.
Perché, come ebbe modo a dire una volta lo stesso Merisi, forte della sua omonimia, “non è che l’arte è finita col Buonarroti”.
In tempi di pandemia, in un 2020 maledetto, Rome Guides non ha cessato di rappresentare il suo Caravaggio. Quest’ultimo, ammantato della doverosa mascherina nera, ha acquisito una non indifferente somiglianza con Zorro, ed i gruppi si sono decisamente rimpiccioliti per favorire il distanziamento sociale, ma Michelangelo Merisi è sempre lì, rabbioso e furente, pronto a raccontare la propria epopea romana in prima persona, l’unico modo per intenderla al meglio.
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Il Caravaggio, è una nota di poesia. Sono stati tanti gli artisti italiani, ma sarà che io ne sono innamorato. Grandioso. Bell’articolo.