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Questo articolo è stato aggiornato il Luglio 16, 2019
La città di Neapolis, antica colonia greca, ha ospitato le Universiadi, Olimpiadi delle Università, e quale miglior luogo potevano scegliere se non “Partenope”, così viene chiamata da molti la città, nome che prende dalla sirena alla quale è legata la sua origine e fondazione.
Cosa narra la leggenda
Varie leggende sono state narrate su questa meravigliosa creatura e una di esse è decantata da Omero nel XIII canto dell’Odissea.
Ulisse, che era noto per la sua curiosità, volle a tutti i costi ascoltare il canto delle sirene, creature meravigliose che attraevano i navigatori con le loro voci angeliche e melodiose, per poi ucciderli. L’uomo prese delle precauzioni: ordinò ai suoi uomini di mettere tappi di cera all’orecchio e si legò all’albero maestro della sua nave vietando ai suoi uomini di slegarlo. L’idea sortì i suoi effetti, Ulisse non cadde preda delle creature marine. Le sirene ci rimasero molto male e per la delusione si suicidarono schiantandosi sugli scogli.
La sirena Partenope, fu portata dalle correnti marine proprio tra gli scogli di Megaride (dove oggi sorge Castel dell’Ovo). Lì fu trovata da alcuni pescatori che la venerarono come una dea. Una volta approdato sull’isolotto, il corpo della sirena si dissolse trasformandosi nella morfologia del paesaggio partenopeo, il cui capo è appoggiato ad oriente, sull’altura di Capodimonte ed il piede, ad occidente, verso il promontorio di Posillipo.
La città, pur a distanza di secoli, continua ad essere chiamata “città partenopea” e la bella Sirena ne è il simbolo, le è anche stata dedicata una Fontana a Piazza Sannazzaro.
Leggende nei dintorni di Napoli
Il mito lo ritroviamo anche nei luoghi circostanti alla città: Capri è infatti considerata la terra delle sirene. Osservandola dal Golfo possiamo notare i tratti di un corpo femminile con il capo corrispondente al monte Tiberio e i fianchi in prossimità di monte Solaro.
Esiste anche un’altra versione, si narra infatti che Partenope fosse una fanciulla che viveva in Grecia, in un paesino che si affacciava sul Mar Jonio. La donna era innamorata del giovane Cimone, ma il loro amore era contrastato dal padre che l’aveva promessa ad Eumeo. Un giorno i due innamorati, decisero di fuggire e approdarono sulle coste italiche, qui scoprirono una terra molto fertile e ben presto la voce si sparse.
Molti arrivarono sulle coste di Napoli in visita a un luogo così meraviglioso e Partenope divenne la Signora dei partenopei.
Napoli e la Magna Grecia
Ma quella su Partenope è solo uno dei tanti legami che legano la cultura napoletana e campana a quella della mitologia greca e alla cultura della Grecia. Ancora oggi sul nostro territorio si trovano tracce della Magna Grecia.
Nel centro storico della città di Napoli si possono individuare un’infinità di siti ricchi di tracce del prestigioso passato, un percorso che si può completare nei musei della città.
La Napoli greco-romana si sarebbe sviluppata prevalentemente nell’area dell’attuale centro storico. Il primo avamposto della città, fondato da un gruppo di navigatori Rodiesi nell’800 a.C. e poi ampliato e abitato da coloni greci di Cuma a partire dal 680 a.C., corrispondeva alla zona compresa tra l’isoletta di Megaride (dove oggi sorge il Castel dell’Ovo) e la collina di Monte Echia (Pizzofalcone).
In quest’area, rimangono pochi resti della più antica storia di Napoli: in particolare, sul Monte Echia, si trovano resti di una necropoli dell’epoca cumana, oltre alle rovine della villa del patrizio romano Lucullo, di epoca successiva.
La struttura di Neapolis, conservatasi fino ai nostri giorni, si ispirava ai fondamenti dell’urbanistica ateniese.
Le spesse mura difensive, formate da una doppia cortina di blocchi tufacei, attorniavano la città seguendo il profilo di colline e valloni.
Un tratto delle antiche mura è oggi visibile in uno scavo a cielo aperto in piazza Bellini; il livello, più basso di quello della strada attuale, dimostra come la città di Napoli si sia sviluppata, nei secoli, per stratificazioni successive, per cui in molte aree la città odierna sorge sui resti di quella romana, che a sua volta era stata edificata su quella greca.
La storia del porto
Dove oggi ammiriamo il Castel Nuovo, un tempo sorgeva il porto di Neapolis. Infatti il mare arrivava fin qui e grazie agli scavi per la costruzione delle Linea 1 della Metropolitana si è scoperto il molo, dove i Greci attraccavano le loro navi.
Straordinaria è la scoperta di alcuni relitti insabbiati. Parliamo di tre navi di epoca romana rinvenute nel 2004 (chiamate A, B e C): due sono navi “onerarie” (dal latino onerarius: che significa peso, carico) adibite al trasporto commerciale e quindi paragonabili alle nostre navi da carico, e una è un’ “horeia”, che trasportava passeggeri molto particolari, la servitù portuale, ed era utilizzata anche per attività legate alla pesca e allo scarico e carico di merci.
Verso l’antica città
La camminata per il lungomare ci porterà nel centro storico della città, da Via Mezzocannone inizierà un percorso all’interno di quella che era l’antica città, compresa nell’attuale centro storico.
Dal cortile dell’Università Federico II e girando a sinistra, potremo ammirare i primi resti della fortificazione della città, che costeggiava il versante marittimo.
Le fortificazioni si appoggiano in parte all’edificio dell’Università, rendendo ancora più affascinante questa testimonianza.
In merito alle mura di Neapolis, gli antichi le ricordano particolarmente imponenti e del resto la città era famosa per la sua inespugnabilità. Si disponevano lungo i margini del pianoro ed erano protette da valloni naturali che le circondavano costituendo veri e propri fossati difensivi. Erano costruite con blocchi di tufo che creavano, in alcuni casi, una doppia cortina di muri collegati da briglie e consolidate da una massa compatta di terra e scaglie di tufo; in altri casi è presente un’unica cortina, comunque consolidata, in quanto alcuni punti richiedevano una minor difesa.
Dalla salita di Via Mezzocannone, si percorre quello che un tempo era il perimetro murario occidentale dell’antica città. Qui ci imbattiamo in un’ulteriore evidenza muraria nei pressi del “Cinema Astra”. I resti sono letteralmente incastrati tra l’ingresso del cinema e un bar, a ulteriore dimostrazione che l’odierna città di Napoli vive su quella antica.
Percorrendo Spaccanapoli
Arrivato al centro di Piazza San Domenico Maggiore hai di fronte a te l’omonima chiesa, mentre a destra via Benedetto Croce e a sinistra Via San Biagio dei Librai. Proprio dove oggi sorge la piazza, in epoca greco – romana era posto uno degli ingressi alla città, la cosiddetta Porta Cumana, così chiamata per la direzione della strada che portava a Pozzuoli e Cuma. È interessante percorrere il tratto di Via Benedetto Croce fino a Piazza del Gesù, continuando a seguire così per intero la famosa strada comunemente chiamata Spaccanapoli, che divide in due l’agglomerato cittadino.
Il Complesso di Santa Chiara, che vanta, accanto al Museo e al bellissimo chiostro maiolicato, un’area archeologica costituita dal più completo impianto termale rinvenuto a Napoli.
Prima di riprendere il cammino verso Via San Biagio dei Librai, e percorrere in tutto il suo fascino il decumano inferiore, è d’obbligo una piccola sosta in questa piazzetta, nota come “del Nilo” perché ospita proprio al suo centro la statua dedicata al fiume egiziano.
Una città aperta agli stranieri
La divinità fluviale è rappresentata attraverso l’immagine di un uomo barbuto sdraiato sull’acqua che regge una cornucopia ed è attorniato da puttini e da una sfinge. Si tratta di un’opera databile tra il I e II sec. d.C. periodo in cui l’area della piazzetta era detta regio Nilensis perché lì vi era un quartiere dell’antica Napoli abitato da popolazioni orientali. La particolare presenza di Egiziani a Napoli si spiega con la crescita commerciale che la città ebbe in questo periodo, la quale favorì la presenza di comunità straniere come quella alessandrina, che fu particolarmente influente, dato che nella stessa area forse sorgeva anche un tempio dedicato alla loro divinità Iside. Nel Museo c’è una statua di Iside.
Una piccola curiosità: la piazza è detta anche “Largo Corpo di Napoli” e questo perché fino al 1657 la statua mancava della testa barbuta, facendo credere che si trattasse di una donna che personificava la città di Napoli e che nutriva i suoi abitanti così come faceva con i puttini che si abbeverano al suo petto.
La presenza nel cuore dell’antica Napoli di un quartiere di gente egiziana e addirittura di un tempio da loro edificato non deve sorprenderci, e dimostra come Neapolis fosse una città aperta agli stranieri e alla loro cultura, nonché all’integrazione.
L’antico impianto stradale
È indubbio che la cosa che meglio possiamo distinguere nel centro storico di Napoli è proprio l’antico impianto stradale, e questo perché le strade moderne non fanno altro che ripercorrere quelle antiche, divenendo il miglior monumento conservato della città greco – romana.
Infatti la strada che oggi chiamiamo Via San Biagio del Librai percorre esattamente il decumano inferiore dell’antica città.
L’impianto urbano di Neapolis era formato da tre strade principali, orientate in senso est-ovest, che i Greci chiamavano plateai e i Romani decumani (come oggi diciamo anche in italiano). Le tre strade parallele maggiori le riscontriamo oggi, partendo da Nord, in Via Anticaglia, in Via Tribunali e in Via San Biagio dei Librai.
I decumani avevano una porta d’ingresso all’inizio e alla fine ed erano intersecati da stradine più piccole e strette chiamate stenopoie e poi cardines. L’incrocio con le strade minori creava le insulae, quartieri dove sorgevano le abitazioni. Questo schema di strade, che si può percorrere interamente, probabilmente si rifà allo schema ortogonale di strade ideato dal famoso architetto Ippodamo da Mileto, molto famoso per aver disegnato anche la pianta della città di Atene. L’impressionante regolarità geometrica dello schema urbano viene meno solo nelle aree destinate ad uso pubblico, come quelle dell’agorà/foro e dell’acropoli.
Una volta finito il nostro percorso, alla ricerca delle radici greche tra le strade della città, possiamo dirigerci vero il Museo Archeologico Nazionale, dove sarà possibile ammirare tutte le testimonianze rinvenute durante gli scavi (soprattutto della linea 1 della metropolitana).
Paestum, Cuma e Velia
Anche altre zone della regione Campania ci parlano delle origini greche: ad esempio Paestum, Cuma e Velia.
Cuma è una delle più antiche colonie della Grecia in Italia, essa fu fondata nell’VIII secolo a.C. e ai suoi piedi si trova ancora oggi L’Antro della Sibilla, legato al famoso mito della veggente.
È un’Acropoli ricca di templi, dai quali abbiamo la possibilità di scorgere un paesaggio di grande bellezza.
Nella città di Paestum invece, nella Piana del Sele, possiamo trovare i magnifici templi dorici, la Basilica, Il tempio di Nettuno e il tempio di Cerere.
Il Museo Archeologico di Paestum conserva preziosi reperti rinvenuti nell’area e nell’Heraion del Sele e gli affreschi di tombe lucane, oltre a quelli famosissimi della Tomba del Tuffatore, rappresentato durante la cerimonia di apertura delle Universiadi di Napoli 2019.
Infine troviamo la città di Velia, conosciuta anche come l’antica Elea, che fu sede di una celebre scuola filosofica: quella di Parmenide e Zenone. Oggi sono visibili i resti di un tempio ionico e del teatro. La Porta Rosa, nella cinta di muraria, è uno degli esempi più belli e meglio conservati in Magna Grecia.
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