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Questo articolo è stato aggiornato il Maggio 3, 2019
Ad Acquedolci, in provincia di Messina, si trova una grotta spettacolare che, sin dalla sua scoperta, ha affascinato gli studiosi di tutto il mondo. Una grotta che testimonia la comparsa dei primi uomini e di animali oggi estinti in Sicilia e che mostra come l’aspetto territoriale dell’isola sia mutato nel corso dei millenni.
Una Grotta ricca di storia
La Grotta di San Teodoro, questo è il suo nome, è considerata uno dei capisaldi più importanti a livello mondiale per quanto riguarda la conoscenza del paleolitico superiore nella zona del Mediterraneo.
Testimonianza importantissima della vita dell’era paleolitica, è stata sottoposta a numerose ricerche fin dalla metà del secolo scorso. La grotta venne scoperta nel 1859 dal Barone Anca durante un’esplorazione e custodisce incredibili segreti, ancora oggi non del tutto svelati.
Dalle ricerche sappiamo che la Grotta 200.000 anni fa si trovava nei pressi di un bacino lacustre dove vigeva un clima quasi tropicale; proprio nel luogo in cui in passato si trovava la distesa d’acqua, gli scavi hanno portato alla luce resti fossili di animali quali ippopotami, specie allora dominante, e un esemplare di elefante nano, rarissimo, risalente a circa 28.000 anni fa.
I resti di questi ippopotami sono presenti anche negli escrementi fossilizzati degli animali che per primi, 30.000 anni fa, hanno abitato la grotta rendendola la loro tana, ovvero le iene.
Interessante è anche la scoperta di un secondo animale presente, ovviamente in resti fossili, all’interno degli escrementi di questi predatori: l’idruntino.
Questo animale era simile ad un piccolo asino: non sapeva nuotare ed era dotato di contenuta intelligenza, per questo motivo si è arrivati alla conclusione che circa 20.000 anni fa lo Stretto di Sicilia fosse collegato alla Calabria da un lembo di terra emerso in superficie che ha reso possibile il passaggio di animali, come l’asino, e uomini nell’odierna isola.
A consolidare questa teoria è poi la concomitanza in quel periodo con l’avvenimento dell’ultima glaciazione e dell’ultimo massimo glaciale, ovvero il raggiungimento del metraggio più basso del livello del mare dovuto, appunto, alla glaciazione che ha permesso la diffusione dell’uomo (apparso in Africa 2 milioni di anni fa e spostatosi 1,5 milioni di anni fa in Europa, in Asia e, dopo l’ultima glaciazione, addirittura nelle Americhe!).
Ritrovamenti importanti
Sappiamo, poi, che la comparsa dell’uomo all’interno della grotta risale a circa 13.000 anni fa. Intorno agli anni 30-40, alcuni scavi hanno rinvenuto, sullo strato superiore a quello dove erano stati ritrovati i fossili animali, resti di sepoltura di ominidi del paleolitico superiore.
Sono stati ritrovate ben 7 sepolture, 5 crani e 2 strutture scheletriche intere, 4 reperti di questi appartenenti a uomini e 3 a donne. La più significativa scoperta è quella dello scheletro di Thea (dal latino Theodora, per ricollegarla al nome della grotta); questa, deceduta all’età di 30-35 anni e alta 1.65, creduta donna fino a qualche anno fa, potrebbe essere invece un uomo.
Di certo apparteneva a un elevato ceto sociale vista la dentatura integra (non aveva problemi legati all’alimentazione) e alle articolazioni e i tessuti non usurati (probabilmente non aveva mai lavorato). Lo scheletro è conservato al Museo di paleontologia e geologia Gaetano Giorgio Gemmellaro di Palermo, mentre gli altri reperti umani sono divisi tra Roma e Firenze.
L’Antiquarium di Acquedolci
Tutte le sepolture di questi ominidi erano caratterizzate da uno strato di terra coperto da una patina di ocra e attorno ad esse sono stati ritrovati oggetti personali, come per esempio collane, oggi osservabili presso l’Antiquarium di Acquedolci. Inoltre, gli scavi hanno portato alla luce resti di focolari e strumenti litici in selce e quarzarenite che l’uomo sicuramente utilizzava per cacciare, lavorare le pelli o cucinare.
Una grotta da non sottovalutare e da non perdere, dunque, è questa di San Teodoro. Andate a dare un’occhiata!
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