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Questo articolo è stato aggiornato il Dicembre 19, 2012
La montagna dell’illuminazione. Con 76 templi buddisti e 3099 metri di altezza, il monte Emei è una delle quattro montagne sacre in Cina, patrimonio dell’umanità UNESCO dal 1996.
Siamo nel Sichuan, nel cuore della Cina, a due ore e mezza di autobus da Chengdu, la città più vicina. Il primo tempio fu costruito nel primo secolo, quando un gruppo di monaci si stabilì sulla cima del monte e iniziò a diffondere la religione buddista nella regione. Nel corso dei secoli i templi, le pagode e i giardini si sono moltiplicati, fino a trasformare la montagna in un percorso spirituale di ascesa fino alla vetta d’oro sopra alle nubi.
I turisti qui sono quasi tutti cinesi. Non è semplice trovare informazioni sui tempi di percorrenza dei sentieri e le distanze tra i templi. All’ufficio del turismo ci danno una mappa in cinese e ci spiegano in un inglese stentato che la cosa migliore è salire fino alla vetta in autobus e poi scendere a piedi, come fa la maggior parte dei visitatori. Ma l’idea non ci piace, vogliamo tentare la salita a piedi, così al mattino dopo iniziamo l’impresa di risalire fino alla vetta.
Partiamo da quota 1000 metri. Davanti a noi una scalinata infinita di gradini stretti e ripidi immersa in una foresta immensa di alberi sempreverdi seminascosti dalla nebbia. Per arrivare al primo tempio ci mettiamo un’ora, scalino dopo scalino, sudando l’impossibile. Siamo quasi gli unici a salire per il sentiero, c’è una pace e una tranquillità assoluta, immersi in un’atmosfera misteriosa per la nebbia e per i mille suoni che arrivano dal bosco. Incontriamo i monaci, i simpatici e astuti babbuini, tanti nugoli di farfalle bianche che si perdono contro il cielo bianco per le nuvole; e infine i ”pony express” della montagna, piccoli cinesi dalle spalle forti e dalle gambe d’acciaio che salgono e scendono ogni giorno migliaia di gradini con enormi ceste sulle spalle per rifornire gli abitanti dei templi di viveri e materiali.
Dopo sette ore di gradini arriviamo al piazzale degli autobus prima della vetta, da cui, stremati, saliamo con la funivia per l’ultima tappa della salita, la vetta d’oro. Seduti nella cabina, madidi di sudore, capiamo perchè ne è valsa la pena: all’improvviso il cielo si apre in un blu profondo, il sole splende alto e, sotto di noi, un mare di nuvole nasconde il mondo, i boschi e tutti i gradini che abbiamo salito. E’ uno spettacolo meraviglioso, la giusta ricompensa alla fatica della giornata.
Ancora qualche centinaio di scalini e arriviamo in alto che più in alto non si può, la vetta d’oro, incoronata da una monumentale statua dorata di Buddha e da spettacolari templi. Restiamo incantati ad ammirare il paesaggio, il cielo, le vette delle montagne che fanno capolino tra le nuvole in movimento. Poi giù di corsa, a scendere scalini per un’ora, correndo per non perdere l’ultimo autobus che scende a valle prima che l’oscurità renda impenetrabile il bosco e suoi templi millenari.
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