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Cinque cose da vedere a Cuneo

7 minuti di lettura
Cinque cose da vedere a Cuneo, una delle città meno note in Piemonte, ma che riserva grandissime sorprese, non solo architettoniche, ma anche culinarie.

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Questo articolo è stato aggiornato il Marzo 1, 2018

Cuneo è una città insolita: è capoluogo di provincia, ma con 56.000 abitanti non si può definire una metropoli. È uno di quei posti di cui si potrebbe dire che non sono né carne né pesce, forse anche per la sua posizione a metà tra la pianura e la montagna. Quando si parla di turismo in Piemonte, vengono in mente almeno altre tre o quattro città prima di Cuneo: Torino, Vercelli, Ivrea, Alessandria.

Eppure Cuneo ha una posizione centrale tra l’Italia e la Francia: si trova sulla via che collega Torino e Nizza, e rappresenta il punto in cui confluiscono ben cinque vallate dell’arco alpino. Con la sua architettura, la sua storia e la sua gastronomia non ha nulla da invidiare alle altre città piemontesi più famose. Per me poi, che nella provincia di Cuneo vivo da sempre, questa città racchiude tanti ricordi. Per chi non ne ha mai sentito parlare o non l’ha mai presa in considerazione, ci sono almeno cinque motivi per cui vale la pena di fare una piccola deviazione rispetto ai percorsi turistici più noti.

I mercati di Cuneo

Per una bambina di otto anni, nata e cresciuta in un paesone di 30.000 abitanti, un viaggio a Cuneo è un’avventura in un mondo fantastico. O almeno lo era per me, quando con i miei nonni partivo da Bra diretta al capoluogo della provincia Granda. Ci andavamo il martedì mattina, giorno di mercato, di modo che mia nonna potesse comprare i prodotti migliori dai contadini. Dopo aver parcheggiato sul Lungo Stura, ci incamminavamo a piedi, i nonni davanti, mio fratello ed io dietro. Proseguivamo lungo le stradine della Cuneo vecchia, fermandoci un istante per permettere a mia nonna di farsi il segno della croce davanti al complesso monumentale di San Francesco, risalente all’epoca medioevale. Una passeggiata che ancora oggi mi ricorda quelle mattine di anni fa, quando arrivavamo al mercato coperto di Piazza Seminario.

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L’edificio rettangolare non è altro che una tettoia costruita agli inizi del Novecento per ospitare le bancarelle dei produttori della zona che si danno appuntamento qui due volte alla settimana: il martedì, per il mercato più grande, e il venerdì per quello in versione ridotta. Non sarà molto diverso dai mercati che si svolgono in altre città della provincia, ma per me aveva – e ha tuttora – un fascino particolare. Al punto che, la prima volta davanti all’ingresso di Borough Market a Londra, mi ritrovai a pensare proprio al mercato di Piazza del Seminario di Cuneo, con i suoi odori, la confusione delle persone che si accalcano attorno ai banchi, i venditori che urlano per attirare l’attenzione. E non finisce lì: tutt’intorno al mercato coperto si insediano le bancarelle dei venditori ambulanti di abbigliamento, di fiori, di ferramenta, di articoli per la casa, che si espandono come una ragnatela fino a raggiungere le vicine Via Roma e Piazza Galimberti.

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Piazza Galimberti

Conosciuta anche come il salotto di Cuneo, con i suoi 24.000 metri quadrati è una delle più grandi piazze italiane. Sono pronta a scommettere che la maggior parte delle persone che vivono nella provincia cuneese non sa che è poco più piccola di Piazza del Plebiscito.

Costruita nel 1800, Piazza Galimberti separa la città vecchia da quella nuova. È circondata sui due lati lunghi da porticati di colonne in stile neoclassico e da archi che ricordano quelli romani. Se per dimensioni è simile alla più famosa piazza napoletana, non è certamente meno maestosa della torinese Piazza Vittorio Emanuele. Ma, chissà per quale motivo, la piazza centrale di Cuneo non riesce a eguagliare in fama le altre due. E pensare che a essa è collegato uno dei personaggi più importanti della storia contemporanea piemontese: Duccio Galimberti, uno dei più noti antifascisti e partigiani piemontesi a cui la piazza è stata intitolata nel 1945. Dopo il suo arresto nel 1944 da parte di un gruppo di fascisti dell’Ufficio Politico di Cuneo, fu prima interrogato e torturato, poi giustiziato nella vicina Centallo. Ancora oggi è possibile visitare quella che fu la casa di Duccio Galimberti: situato in uno dei palazzi che si affacciano sulla piazza a lui dedicata, il Museo Casa Galimberti apre le sue porte durante il fine settimana per far conoscere la storia dell’eroe della città.

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Il Caffè Arione e i Cuneesi al rum

All’angolo tra Piazza Galimberti e Corso Nizza si trova il Caffè Arione: ancora una volta faccio un tuffo nel passato e ritorno agli anni Ottanta, quando il sabato pomeriggio andavo a Cuneo con la mamma e la zia. A quell’epoca il negozio di abbigliamento Miroglio era uno dei più prestigiosi, ma per una bambina non era altro che un susseguirsi di abiti e scale mobili. Una noia mortale per me che, all’epoca, ero immune al fascino di scarpe e borse. Non vedevo l’ora di uscire dal negozio troppo rumoroso per entrare finalmente al Caffè Arione. Impossibile resistere alle vetrine con i biscotti in bella mostra, agli interni con i pavimenti di marmo scuro, agli specchi consumati dal tempo, ai banconi di legno lucido e al soffitto a cassettoni. È uno di quei posti in cui ci si sente catapultati indietro nel tempo, fino al 1923, anno in cui Andrea Arione aprì il caffè-pasticceria. Fu da subito frequentato da una serie di personaggi illustri, tra cui Ernest Hemingway, che si fece fotografare nel locale nel 1954. Pochi anni dopo fu la scena de I Compagni, film con Marcello Mastroianni candidato all’Oscar nel 1963.

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Ma al di là dei personaggi più o meno famosi, quello che colpisce è l’aroma: un misto di caffè, cioccolato, pan di spagna e cera per il legno. A parte la cera, il merito è sicuramente degli ingredienti dei Cuneesi al rum, che ancora oggi vengono realizzati seguendo una ricetta che molte pasticcerie della provincia hanno provato a imitare. In tanti se lo chiedono ma nessuno ha saputo rispondere alla domanda: il Caffè Arione ha reso famosi i Cuneesi al rum o questi ultimi hanno fatto la fama del locale? Poco importa, sta di fatto che questi piccoli dolcetti di meringa, rum e cioccolato fondente sono peggio di una droga: una volta che ne avrete assaggiato uno non potrete più farne a meno. Troverete delle scuse più o meno credibili per venire fino a Cuneo e comprare una delle bellissime scatole bianche, rosa e verdi che racchiudono questa opera d’arte.

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Il Crudo di Cuneo

Oltre a essere la patria dei dolcetti al rum, questa città ha dato i natali anche a un altro prodotto eccellente. Il prosciutto crudo di Cuneo ha ottenuto la D.O.P. nel 2009, anche se in realtà il Consorzio per la tutela del Crudo di Cuneo è stato fondato già nel 1998 da un gruppo di allevatori della provincia, che si è man mano allargato fino a includere tutti i componenti della filiera produttiva: macellatori, stagionatori e confezionatori. Il disciplinare definisce non solo il tipo di alimentazione dei suini, le razze che possono essere utilizzate e le tecniche di salatura, ma anche la limitazione geografica di produzione, che include una serie di comuni della provincia caratterizzati da un microclima particolare per via delle correnti d’aria provenienti dalla Liguria, dalla Provenza e dalla Val Susa. Il risultato è un prodotto finito dal sapore più dolce e delicato rispetto al Parma o al San Daniele.

A differenza dei suoi più famosi “cugini”, il Crudo di Cuneo vanta la filiera più corta d’Italia, poiché tutti gli ingredienti per ottenere il prodotto finito provengono dai comuni del disciplinare di produzione. Se fino a qualche anno fa era possibile acquistarlo solo in zona, ora il Crudo di Cuneo sta poco alla volta varcando i confini cittadini: oltre a essere in vendita in buona parte delle macellerie di Cuneo e provincia, è possibile trovarlo anche in alcune gastronomie di Torino e in alcuni negozi e ristoranti delle provincie liguri di Savona e Imperia. Io per prima devo ammettere di aver scoperto questo prodotto non a Cuneo, ma a Bra, città in cui vivo, grazie alla proprietaria della storica Salumeria Pochettino dove, da qualche anno, è in vendita il Crudo di Cuneo.

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Mucca Pazza Brasserie

Dopo una sostanziosa merenda a base di caffè e Cuneesi al rum, seguita da un aperitivo con Crudo di Cuneo e bollicine, si potrebbe quasi pensare di saltare la cena. Ma se siete arrivati fino a qui non potete arrendervi proprio ora: da Piazza Galimberti ci incamminiamo nuovamente verso la città vecchia, diretti in zona Contrada Mondovì, dove si trovano alcune delle osterie più tradizionali: La Chiocciola, la Trattoria Roma, il Senza Fretta, il Ristorante Quattro Ciance, l’Oca Nera. Per questa sera scelgo un posto relativamente nuovo, la Mucca Pazza Brasserie. Da non confondere con i ristoranti della catena omonima che ha locali in tutto il Piemonte, conosciuti per i costi stracciati e la qualità che riflette i prezzi, la Brasserie cuneese sa coniugare in maniera eccellente tradizione e innovazione.

La Mucca Pazza Brasserie si trova in un edificio storico nella angusta via Amedeo Rossi: entrando si viene accolti da un ambiente moderno ed essenziale. Per quanto riguarda il menu, se siete vegetariani lasciate stare: questo è il paradiso dei carnivori. Gli antipasti offrono una selezione che parte dallo strettamente locale con il girello di fassone piemontese, passando attraverso altre regioni con gli arrosticini abruzzesi, per varcare i confini nazionali con il Patanegra spagnolo. Noi abbiamo scelto il tagliere di breasola di cervo e cinghiale e il Patanegra, decidendo di saltare i primi a piè pari. Non perché le tagliatelle o le zuppe non fossero invitanti, ma perché il menu dei secondi è qualcosa che lascia senza parole. Si va dalle carni nostrane, con le bistecche di fassone piemontese, alle carni pregiate provenienti da tutto il mondo – Black Angus del Kansas, bovino del Nebraska, agnello inglese. Non mancano i piatti dall’impronta americana, come il Big Burger con tanto di pulled pork, bacon e cipolle, oppure il Cheeseburger, o la New York Strip Steak. Noi abbiamo scelto la tagliata di manzo Teriyaki con salsa Taré e la tagliata di Black Angus con crema di formaggi. Ottima anche la selezione delle birre artigianali: abbiamo ordinato quelle del Birrificio Anima di Roccasparvera, non lontano da Cuneo, e sia la rossa Dante che l’ambrata Mozart si sono rivelate ottime insieme alle portate scelte. Purtroppo ho rinunciato al dolce, che proprio non ci stava più. Ma almeno avrò un pretesto per tornare: provare la panna cotta. E lo Smokeburger con provola affumicata e cipolla di Tropea.

Vorrei poter dare anche dei consigli su dove dormire, ma data la vicinanza a dove vivo sono tornata a casa dopo la gita a Cuneo. Tuttavia, non ho potuto fare a meno di notare l’insegna di almeno due B&B: La Contrada dei Giardini, proprio di fronte alla Mucca Pazza Brasserie, e il Petit à Petit, nella via parallela. Sempre nella città vecchia c’è uno degli hotel più conosciuti della città, Palazzo Lovera.

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Informazioni sull'autore
Originaria di un piccolo paese della provincia piemontese, dove vive da sempre. Lavora in un ufficio in una stradina secondaria, ma immagina di abitare a Notting Hill, di lavorare a Williamsburg, di prendere un aperitivo a Montmartre e di cenare a North Beach. E di fare shopping sulla Fifth Avenue. Non sa cucinare, ma adora mangiare. Conosce posti nuovi attraverso il cibo e le tradizioni culinarie. Non riesce a fare a meno di raccontare quello che ha scoperto agli altri.
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