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Avignone, cinque cose da fare in un giorno

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Cosa fare ad Avignone in un giorno, cinque cose da vedere in cinque piazze, ecco la città della Francia per un giorno di vacanza e di divertimento, ma sopratutto di scoperta, leggi qui.

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Questo articolo è stato aggiornato il Giugno 21, 2016

Prima di partire per Avignone non sapevo cosa aspettarmi: alcuni me ne avevano parlato come di un posto ricco di fascino, altri si erano limitati a osservarmi con un’espressione dubbiosa.

Avvicinandomi alla città fortificata, l’ansia inizia a salire: e se non dovesse piacermi? Avrò sprecato un weekend che avrei potuto trascorrere da qualche altra parte, magari a Parigi. Ma appena varco la porta di Saint-Lazare non ho dubbi: questa città mi piacerà. Nonostante le vie anguste che si incrociano in maniera apparentemente irregolare, nonostante gli edifici grigi resi ancora più cupi dalla pioggia che scivola lungo le pareti. Forse è proprio questo che mi affascina di Avignone: la sobrietà gotico-medioevale che va di pari passo con il fascino decadente e trasandato. Sembra che dietro ogni angolo ci sia un segreto nascosto da centinaia di anni. Quello che è certo è che dietro ogni angolo c’è una piazza con qualcosa da svelare a chi abbia voglia di cercare.

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Place Pie

La prima scoperta è Place Pie, dove arrivo subito dopo aver lasciato il bagaglio nella maison d’hôtes Côté Square: si affaccia sulla piccola Place Pétramale, dove si narra che Petrarca vide per la prima volta Laura de Noves, perdendo la testa per lei all’istante. Camminando tra le strette vie, facendo attenzione a non rimanere schiacciati tra una vecchia Renault e la parete di una casa, si arriva a Place Pie: è qui che si trovano i bar e i café dove ci si incontra per un aperitivo. Ha da poco smesso di piovere, e il calore del sole fa sì che turisti e la gente del posto occupino in poco tempo i tavolini dei dehors. Ordiniamo una birra e un bicchiere di vino, godendoci il calore del sole e la vista. Il sole, i colori, l’allegria della gente fanno quasi dimenticare che su questa stessa piazza Jean-Perrin Parpaille, figlio del decano dell’Università di Avignone, venne decapitato nel 1562 con l’accusa di eresia. L’anno successivo iniziarono i lavori per la costruzione di una tettoia coperta che avrebbe dovuto offrire riparo ai mercanti e alla loro merce. Ancora oggi, la piazza ospita il Marché Les Halles con la sua facciata decorata con erba e piante che crescono in verticale. Il mercato, operativo del 1858, è una destinazione da non perdere per comprare prodotti come miele, olio, formaggi e frutta fresca.

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Place de l’Horloge

Da Place Pie si prosegue lungo Rue Vieux Sextier, passando da una via laterale all’altra, fermandosi a sbirciare la vetrina di un negozio o il menu di uno degli innumerevoli ristoranti che sembrano quasi nascondersi nei cortili dei palazzi alti, uno incollato all’altro. L’ennesima svolta e ci ritroviamo su Place de l’Horloge, dove confluisce il labirinto di strade medioevali. La piazza è sobria, quasi austera: vi si affacciano edifici come la Banque de France, l’Opera e l’Hôtel de Ville. Deve il suo nome proprio alla torre dell’orologio del comune: stranamente però, la nota torre decorata con il jacquemart, figura meccanica che segna lo scorrere del tempo colpendo la campana con un martelletto allo scoccare di ogni ora, è quasi impossibile da scorgere tra gli edifici.

I bar e i ristoranti si susseguono uno dopo l’altro sui lati lunghi della piazza: hanno tutta l’aria di essere trappole per turisti, con le fotografie dei piatti e i menu tradotti in almeno cinque lingue. È uno dei due lati corti della piazza, quello che prosegue diventando Rue Saint-Agricol, che riserva le soprese migliori: la prima è Oliviers, negozio che vende tutto quello che ha a che fare con le olive, dall’olio, alle saponette, dai profumi ai dolci. La seconda sorpresa è la boutique di Fragonard, storica profumeria con sede a Grasse, in Costa Azzurra.

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Place Jérusalem

Il dedalo di stradine che si snodano all’interno della città fortificata porta a Place Jérusalem. L’accesso è attraverso il portale della Calandre, l’ingresso del quartiere ebraico. È qui che si trova la sinagoga, distrutta nel 1845 da un incendio, e poi ricostruita negli anni seguenti. L’edificio della sinagoga si nota a malapena, forse anche per via dell’ombra lugubre dell’imponente Palazzo dei Papi, proprio dietro l’angolo. Con le sue torri, i merli e le guglie, si impone minaccioso sul vicino luogo di culto dalle forme meno vistose e imponenti. Non c’è modo di entrare nella sinagoga durante il mio breve soggiorno in città, per cui faccio una sosta in uno dei locali che si affacciano sulla piazza. L’AOC 84 è una cave à vins dove si viene accolti da un proprietario che ricorda vagamente Miguel Bosé. È brusco e sbrigativo e in pochi secondo ci fa accomodare a uno dei tavoli, sotto a una vecchia insegna della Ricard, non lontano dal bancone del bar con i suoi sgabelli traballanti. Ordiniamo una bottiglia di Ventoux, insieme a una assiette charcuterie e una assiette fromages. Passiamo poi ai piatti principali, la fricassé di vitello e il Camembert al forno.

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Place Cloître Saint-Pierre

Poco lontano da Place Jérusalem si trova un’altra piazza chiusa tra i palazzi che la circondano su tutti i lati. È Place Cloître Saint-Pierre, dove un tempo si trovava il chiostro della basilica omonima, in stile gotico provenzale. Si narra che il primo edificio della basilica venne costruito nel VII secolo, per essere poi distrutto dai saraceni. È sulle rovine di questa prima basilica che iniziò la costruzione dall’attuale basilica, con la canonica e il chiostro. Il campanile risale al 1495, mentre le decorazioni gotiche della facciata al 1512. A quanto pare non ho fortuna con gli edifici religiosi: il grosso portone di legno sembra chiuso da chissà quanto tempo, per cui anche in questo caso sono costretta a scegliere l’unica porta aperta della piazza. L’Epicerie è un locale d’altri tempi, tanto che sembra essere uscito da un film. Anzi, non mi stupirei di vedere Owen Wilson seduto a un tavolo a bere Pastis con Adrien Brody. Ma questa non è Parigi e nemmeno un set di Woody Allen, per cui ci sediamo a uno dei tavolini con le tovagliette a quadretti e ordiniamo due bicchieri di Côtes du Rhône e un’assiette des épicières.

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Place des Corps Saints

Nemmeno qui manca la solita piccola dose di storia e mistero condite con un pizzico di religione. Al tempo dei romani, la Place des Corps Saints era utilizzata per le inumazioni. Vi fu anche una sepoltura illustre, quella del cardinale Pietro di Lussemburgo: Carlo VI ordinò la costruzione di una cappella per ospitare le reliquie del porporato. Da allora questo luogo è noto con il nome di piazza del corpo santo. Ma gli unici santi che sento nominare sono quelli che escono dalla bocca del mio compagno: ha ripreso a piovere a dirotto, e l’atmosfera è lugubre come quella del 1300. Molti ristoranti sono chiusi, con le sedie e i tavolini impilati in maniera disordinata davanti alle vetrine. L’unica luce accesa è quella di Ginette et Marcel. Entriamo e ci sediamo vicino alla stufa a legna sulla quale bolle la soupe marché. Ci scaldiamo con un bicchiere di Seguret, nell’attesa che ci venga servito il piatto forte del locale, la tartine chèvre et miel: si tratta di un crostone di pane abbrustolito con formaggio di capra e miele. Non ha solo un ottimo aspetto, ma è anche buonissimo, con il sapore pungente del caprino che contrasta con quello dolce del miele. Dopo le tartine salate si passa ai dolci: da non perdere la tarte poire et chocolat, accompagnata dal caffè servito in piccoli bicchieri di vetro.

Quando usciamo ha smesso di piovere: camminiamo ancora un po’ per le strade della città, facendoci guidare dai riflessi delle luci sulle vie lastricate, rese lucide dalla pioggia.

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Informazioni sull'autore
Originaria di un piccolo paese della provincia piemontese, dove vive da sempre. Lavora in un ufficio in una stradina secondaria, ma immagina di abitare a Notting Hill, di lavorare a Williamsburg, di prendere un aperitivo a Montmartre e di cenare a North Beach. E di fare shopping sulla Fifth Avenue. Non sa cucinare, ma adora mangiare. Conosce posti nuovi attraverso il cibo e le tradizioni culinarie. Non riesce a fare a meno di raccontare quello che ha scoperto agli altri.
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